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2015 - Kashmir e Ladakh Tour - Il Piccolo Tibet tra la Terra ed il Cielo

 

Questa estate il mio spirito di avventura mi ha portato sulle montagne dell'Himalaya in India ed in particolare nelle regioni del Kashmir e del Ladakh  nel nord-est del paese. Queste due regioni confinano con  Pakistan, Cina , Nepal e Tibet e,  proprio per questa vicinanza con il Tibet, il Ladack è anche chiamato il "Piccolo Tibet".

L'idea di questa avventura mi è nata dopo aver partecipato ad una presentazione di un viaggio fatto a da alcune persone in questi luoghi dove il cielo incontra la terra e si respira un'aria di profonda religiosità. Ma ad affrontare questa dura prova mi ha spinto anche una battuta ironica di mia figlia Laura che, dopo aver "scalato la salita di Calaone" (posto a 150 mt di altezza!) in un video aveva detto , sorridendo ironicamente, che la sua prossima impresa sarebbe stata un viaggio sull'Himalaya ed io ce l'ho portata!

Sono partito da Srinagar ,capitale del Kashmir, posta a 1.600 mt di altezza e ho terminato il mio viaggio a 4.810 mt, a una decina di km dal  Passo Kardung La che porta in Cina. Questo passo con i suoi  5.359 mt è il più alto del mondo e si trova a nord Leh , la capitale del Ladack.

E' stato il  viaggio più difficile in assoluto che abbia mai fatto, ho pedalato costantemente fra i 3.000 e i 4.000, sono arrivato al limite delle mie possibilità. A quelle altezze la mancanza di ossigeno condiziona pesantemente il fisico, oltre i 4.500 mt si perde il 50% delle proprie forze!

Il piano originale prevedeva di arrivare fino a Manali, ovvero di percorrere più di 800 km, ma da Leh a Manali c'erano tre passi sopra i 5.000 mt e dopo aver provato a scalare il passo Khardung La mi sono reso conto che la mancanza di ossigeno, a partire dai 4.500 mt, rappresentava un grosso problema. Durante l'ascesa del Khardung La, che avevo voluto far come test, mi sono reso conto che il mio fisico non reagiva come speravo e nonostante avessi assunto un farmaco (il Diamox) contro il mal di montagna mi erano venuti dei sintomi.

Il respiro era diventato affannoso, il cuore batteva lento e mi sentivo un pò stordito. Naturalmente sapevo, avendo letto un libro, quali potevano essere i sintomi del mal di montagna e che cosa potesse provocare l'ipossia. Il nostro organismo non è stato "progettato" per vivere sopra i 4.500 metri e a quelle altezze, senza un graduale adattamento (che nel mio caso per i pochi giorni trascorsi ed il dislivello fatto non avrei potuto avere) le conseguenze estreme dell'ipossia  sono l'edema celebrale e polmonare che è in agguato quando si staziona per più di 4-8 ore sopra i 5.000 mt senza un adeguato periodo di adattamento.

A peggiorare le cose, nel mio caso, era lo sforzo fisico che avrei dovuto fare per trascinarmi dietro a quelle altezze quasi 40 kg di peso fra bici, borse ed acqua, fondamentale per evitare che l'aumento naturale dell'ematocrito e quindi della densità del sangue possano causare delle embolie.

Altra considerazione, di non poco conto, era l'impossiibilità di avere un collegamento telefonico da usare in caso di emergenza, nel nord dell'India, per ragioni di sicurezza, le autorità militari vietano alla compagne locali di permettere l'uso della rete GSM  a telefoni che non siano indiani. Tra lìaltro mi ero comprato una SIM locale che però non potevo usare in quanto la  SIM non era micro SD ed l'altro telefono (che mi porto sempre nei viaggi) compatibile con quella SIM me lo ero dimenticato sul comodino dell'albergo di Srinagar!

Inoltre dopo Leh non vi erano pochi paesi e distanti l'uno dall'altro, le strade erano abbastanza pericolose, come molti mi avevano fatto notare e se mi fosse qualcosa avrei avuto dei seri problemi ad uscirne "vivo" o a chiamare i soccorsi.

Per questo prima di partire avrei voluto comprarmi un telefono satellitare ma poi ho scoperto che se i militari indiani mi avessero scoperto con un telefono satellitare la galera era assicurata per un anno!.

Quindi dopo il test fatto sul Khardung La per tutti i motivi spiegati ho deciso di finire il viaggio a Leh per la mia sicurezza. Se fossi stato assieme ad una altro avrei continuato, il giorno prima di partire in aereo per New Delhi avevo conosciuto un australiano che il giorno dopo partiva per Manali in bici ma ormai era troppo tardi avevo già comprato il biglietto d'aereo e prenotato l'albergo a New Delhi.


Ecco perchè  ho fatto questo mio viaggio

Guarda una "impresa ciclistica" di Laura

LE TAPPE

Tappa Da A Km Tempo Planimetria
1 Srinagar Sonamarg 79 5h e 20m Tappa1
2 Sonamarg Drass 72 7h e 15m Tappa2
3 Dras Kargil 58 3h Tappa3
4 Kargil Lamayuru 104 7h e 53m Tappa4
5 Lamayuru Nimmoo 77 4h e 37m Tappa5
6 Nimmoo Leh 41 2h e 18m Tapp6
7 Leh

Passo Khardung La - Leh

50 2h e 20m Tappa7
Totali 481 32h e 43m

Planimetria e Altimetria originale delle tappe previste

imgGuarda l'album fotografico

Slide show del viaggio

Video di tutto il viaggio


IL VIAGGIO IN PILLOLE

Aeroporto di Venezia - 28 luglio, il viaggio inizia come era terminato il precedente....ovvero con una valigia ed un scatolone, stavolta però un pò più pesante. Si vola con Emirates, prima destinazione Dubai poi coincidenza per NEw Delhi e da li altro aereo per Srinagar, la capitale "estiva" del "Jammu Kasmir".

Aeroporto di Srinagar - Arrivo a destinazione il 29 luglio alle 13,30 ora locale. Ho volato per quasi 16 ore, l'aeroporto sembra bello ma dentro è squallido e vecchio. Militari ovunque e controlli di sicurezza esasperati. All'uscita sono assalito da uno stuolo di persone che mi propongono hotel e guest house oltre che un  passaggio in auto. Ringrazio e mi dirigo verso l'area Taxi dove pre-pago la corsa e un taxi mi porta a destinazione. Il traffico è un caos unico, tutti suonano il clacson, vige la legge della giungla. Passa per primo chi osa di più! Lungo strada presidi di militare e caserme dappertutto.

Srinagar - Arrivato in hotel mi riposo un po, sono stanco, poi alla sera faccio un giro per la città. C'è un lago con moltissime house-boat adibite a case per turisti od hotel. Per la strade una moltitudine di persone che vendono di tutte. Sporcizia e polvere sono dappertutto. Sono a 1.700 metri di altezza ma fa molto caldo. Srinagar è una città con un milione di abitanti che si muovono caoticamente per le strade. La povertà e l'indigenza generale della popolazione è impressionante.

Srinagar - Per le strade le mucche sono dappertutto e i mezzi di trasporto i più disparati, dai TUC ai pulmini stracolmi di persone fino ai carretti trainati da cavalli o asini. Il tutto immerso in una polvere e a uno smog impenetrabili!

Srinagar - 30 luglio, il giorno dopo monto la bici e controllo che tutto sia perfettamente in ordine, nulla si può lasciare al caso in un viaggio di questo tipo. Poi nel pomeriggio sistemo le borse e mi riposo. Da queste parti la sveglia suona molto presto: alle 4,30 del mattino il muezzin dal minareto con gli altoparlanti a tutto volume urla ai quattro venti le preghiere mattutine ad Allah che poi ripeterà alle 12,30, alle 16,30 ed infine alle 21,30. L'Islam ha le sue leggi.

Srinagar - 31 luglio, scatta l'ora x, tutto è pronto, la bici e carica, io pure, che abbia inizio l'avventura. Mi aspettano km e km di salite polverose e passi da scalare, sono allenato e motivato. Mi porto dietro quasi 40 kg fra bici, materiale ed acqua. Accendo il GPS e punto verso Sonemarg. Uscire dalla città non è semplice. Il traffico è impressionante e caotico. Controllo costantemente lo specchietto retrovisore, non mi fido. Lungo strada olezzi incredibili emanati da fogne a cielo aperto ed immondezzai in fermentazione. Povertà e indigenza ovunque ma nonostante questo non ho visto disperazione.

Appena uscito dalla città, la strada comincia a salire. Le pendenze variano dal 4 % al 7%, lungo la strada le mucche girano tranquille per le strade.

Lungo la strada attraverso molti piccoli villaggi, sono le 13 e le scuole chiudono, per le strade si vedono gruppi di bambini che tornano a casa, le bambine rigorosamente con il velo e separate dai bambini tranne in questo foto ma si tratta di un fratello e di una sorella.

Verso le 17 arrivo a Sonamarg che è a 2.700 metri di altezza. Il paese si trova su un a bella e luminosa vallata, ci sono molti alberghi in costruzione. Questa è una località turistica ben tenuta e pulita. Trovo subito un hotel per la notte e poi vado in centro per comprare una SIM locale. L'accesso dei telefono stranieri alle reti GSM locali è inibito per ragioni di sicurezza. La vendita di SIM locali agli stranieri sarebbe vietata ma tutto il mondo è paese, basta pagare e si ottiene tutto. Ma quando torno in albergo per montarla sul secondo telefono che mi ero portato scopro che me lo sono dimenticato sul comodino dell'hotel a Srinagar, La SIM non va bene sul mio smart phone, chiamo l'hotel di Srinagar per avere conferma e chiedo loro di tenerlo da parte. Per fortuna il WIFI è disponibile in albergo e con questo tramite Skype riesco a comunicare. Durante la cena ho dei problemi intestinai che mi costringono ai correre in camera. Il motivo era stata una borraccia d'acqua che avevo preso in una fontana di un paese lungo la strada  dove avevo visto bere molte altre persone e per questo mi ero fidato. Errore gravissimo, noi occidentali non abbiamo gli anti-corpi degli indiani!

1 agosto -  Di buonora parto da Sonamarg, oggi mi aspetta una tappa molto dura: la scalata del Passo Zojila a 3.529 metri. La mattinana è un pò grigia ma non fa freddo. Trovo subito un guado da passare, le ruote affondano fino a metà ed io ho un bel da fare a stare in piedi. Per un pò la strada è asfaltata ma ben presto diventa sterrata ed il traffico di camion è impressionante. La polvere e lo smog mi impediscono di respirare bene, mi metto un foulard davanti al viso.

Spesso ci sono delle frane che sbarrano la strada, devo aspettare che le ruspe tolgano i detriti. Alla mia destra burroni da paura. Devo stare molto attento a dove metto le ruote, una pedalata sbagliata e non dove mi avrebbero trovato!

Ogni tanto mi fermo a prendere un pò fiato e guardarmi alle spalle, la strada fa impressione.

Ogni tanto ci sono dei passaggi da brivido. Pedalo rasente la montagna, per fortuna che in India si gira a sinistra.

A 3.200 metri di altezza passo vicino ad un ghiacciaio dal quale scende un ruscello.

Dopo quasi 3 ore di fatica oltre quella gola intravvedo il Passo. Sono a più di 3.500 metri di altezza. La mancanza di ossigeno si sente. Pedalare a queste altezze con quasi 40 kg di "zavorra" è una impresa che non avevo mai sperimentato.

All'inizio della discesa trovo un chiosco dove mi fermo a pulirmi dalla polvere e a mangiare e bere qualcosa. Da queste parti di questi chioschi ce ne sono molti. Trovare da bere e da mangiare non è mai stato un problema.

Ben presto la vallata si allarga ed il verde della vegetazione contrasta con il grigio delle montagne. Oltre questa valle c'è Drass la meta di oggi.

A Drass trovo alloggio in una guest house. Appena arrivato comincia a piovere, il paese corre tutto lungo la strada. Il traffico è incredibile. Un flusso continuo di camion che si lasciano dietro polvere e gas di scarico. Da queste parti molta gente gira con una mascherina. Alla mattina faccio colazione con 3 banane e una barretta energetica e parto. Gli indiani sono molto curiosi e gentili. Non c'era persona che non mi salutasse con un sorriso. Spesso mi chiedevano anche se avevo  di qualcosa. Prima di partire degli operai mi avevano chiesto se volevo fare colazione con loro a base di pollo fritto!

Lungo la strada per Kargil  incrocio un cartello con l'immagine dell'Ayatollah Khamanei, questa è una terra profondamente  islamica che contrasta con le altre regioni dell'India dove la maggioranza della popolazione è Indu o  Buddista. In effetti questa parte dell'India non a caso è contesa dal Packistan che da decenni  è in guerra con l'India. Tra l'altro, la notte in cui sono arrivato a Srinagar, c'è stata un sparatoria al confine tra India e Packistan con un morto, il giorno dopo Srinagar era un via vai continuo di camion di militari ed io non vedevo l'ora di allontanarmi da li. Srinagar dista dal confine qualche decina di km.

Nel primo pomeriggio arrivo alle porte di Kargil, che poi mi appare dietro a questa curva.

Kargil si estende su due sponde di un fiume, è una città con circa 30.000 abitanti.

E' una città dotata di "tutti i servizi medici" comprese farmacie e dentisti, Le ambulanza erano dei pulmini a vetri con un branda! Per la strade un brulicare di persone ed animali.

Una delle tante mucche in bella mostra. Lungo le strade c'erano delle donne che cucinavano dello "street food" che solo a guardarlo mi faceva passare la fame ma, dato il numero dell persone che vedevo mangiare, doveva essere buono! Personalmente per tutto il viaggio ho mangiato solo riso in bianco e verdura cotta e solo acqua!

Sotto il mio albergo c'era una moschea dove sventolava una bandiera nera....da queste parti l'Islam è integrale!

Da questi parti le case le costruiscono in  maniera molto artigianale, la sicurezza è l'ultimo dei problemi. In paese c'erano molte pompe per l'acqua dove tutti possono attingere gratuitamente, non ci sono acquedotti e fognature. Ritengono che queste pompe attingano a sorgenti fuori dal paese diversamente sarebbero inquinate. le donne lavano i panni sui torrenti che corrono lungo il paese. La strada è il luogo dove le persone vivono la loro vita. Chi cammina, chi vende, chi parla e chi osserva il mondo che gli gira attorno.

Mi lascio alle spalle anche Kargil dopo un giorno di sosta per pioggia e riprendo la strada NH1 verso ovest. Ci sono molte frane e il lavoro di ripristino viene fatto praticamente tutto a mano. Questa è una delle poche opportunità di guadagno per la popolazione locale. Parlando con una persona, che si è fermata a parlare con me lungo la strada, ho scoperto che questi manovali guadagnano 80 Rupie al giorno ovvero 1,10 euro al giorno per 8 o 10 ore di lavoro!

Lunga la strada ci sono lunghe file di covoni di grano ad messi ad essiccare, lavoro fatto per la maggior parte da donne che vedevo scendere dai campi con i covoni sulle spalle.

Mi fermo ogni tanto in qualche chiosco per acquistare un pò d'acqua, delle banane e del cioccolato. E' l'occasione per parlare con la popolazione locale che mi ha colpito per la serenità e la cordialità che dimostrano. Un sorriso non lo negano a nessuno e sono poveri in canna!

Mano a mano che procedo verso ovest i simboli della religione Buddista si fanno sempre più numerosi e le mosche lasciano il posto alle colorate chiese buddiste.

Ma assieme ai simboli del Buddismo arrivano anche i simboli della fatica...le salite. Devo scalare il Passo Namica La posto a 3.880 metri di altezza.

Impiego quasi 2 ore a salire sul passo che come tradizione locale  vuole è addobbato da bandierine colorate.

In cima al passo mi si avvicina un simpatico vecchietto che è attratto dalla mia bici e si mette a girare le pedivelle per vedere la catena girare attorno alla pulegge del cambio mentre io approfitto di lui per cambiarmi la maglia sudata ed indossare quella della Mediolanum.

Comincio a scendere verso valle, mi aspetta un'altra salita verso il Passo Fotu La posto a 4.108 metri, lungo la discesa molti bambini mi chiedono qualcosa da mangiare. La povertà di questi luoghi è impressionante. Mi colpiscono due bambini che alzano le mani quando mi vedono per chiedermi qualcosa da mangiare. Con me ho le ultime 4 barrette energetiche, ne avrei bisogno di tutte ma non posso essere cosi disumano. Mi fermo e ne do una a testa. Dietro ad una abitazione altri bambini mi vedono mentre do qualcosa ai due bambini e si mettono a correre verso di me. Purtroppo non ho altro da dare loro e riparto, vedere la faccia di quei bambini delusi è stato un colpo al cuore ma non avevo scelta, avevo assolutamente bisogno di mangiare anche io qualcosa per arrivare in cima al passo.

Comincio a salire, pioviggina e il paesaggio attorno a me è brullo. Pedalo senza alzare gli occhi dalla ruota anteriore e mi concentro sulla fatica che sto facendo. Il respiro è affannoso ed il cuore batte lento. Bevo molto e mangio le ultime due barrette rimaste. Ho ancora fame ma ormai non ho più nulla da mangiare. Ogni tanto mi fermo a riprendere fiato e dietro di me vedo il lungo serpentone della strada percorsa e non ho il coraggio di guardare in altro, alla cima mi mancano ancora 10 km.

Mi ci vogliono quasi due ore è mezza per arrivare in cima al Fotu La, ma una volta arrivato mi dimentico di tutta la fatica fatta, indosso la maglietta con la foto di Laura e dedico a lei questa scalata, alzo gli occhi al cielo e le mando un bacio. Sono sicuro che sta sbirciando  dalla porta del Paradiso il suo papà folle. Sull'Himalaya ci sono venuto per lei.

Dopo essermi vestito con qualcosa di pesante inizio la lunga discesa verso Lamayuru. Fa molto freddo e scendere non è semplice. Dopo 20 km di discesa mi appare il villaggio di Lamayuru su cui dominano un grande albergo ed un monastero buddista.Mi dirigo verso l'albergo dove trovo una stanza ed un comitiva di motociclisti tedeschi che bevono birra a più non posso. Scaricati i bagagli in stanza scendo per visitare il monastero.

Il monastero risale all'inizio dell'anno 1000,è costruito su punta della montagna e sovrasta il villaggio. Sotto ci sono le rovine di molte case abbandonate. Faccio il giro del monastero. Davanti all'ingresso ci sono dei monaci che chiacchierano fra di loro.

Visito l'interno del monastero ed anch'io faccio girare un pò la lunga fila di campane buddiste. Dietro al monastero c'è un gruppo di bambini "aspiranti monaci" che giocano spensierati. Credo che poco a loro interessi per il momento del Buddismo. Si respira un'aria di tranquillità e misticismo.

Mi siedo sul muretto che delimita la strada ad osservare il paesaggio e il monastero, un monaco mi vede solitario e pensieroso e si avvicina. Mi chiede come mi chiamo e da dove vengo e di raccontargli il perchè del mio viaggio in Ladack. Gli racconto un pò la mia storia e quella di Laura. Lui mi ascolta interessato ed in  silenzio. Parliamo per quasi un'ora, ogni tanto mi viene da piangere, avevo bisogno di sfogarmi ma  alla fine mi sento più sereno. Lui mi dice:"Antonio nella vita non  bisogna legarsi a nulla perchè tutto è passa, il dolore e la gioia fanno parte della nostra vita e bisogna accettarli senza opporsi!". Gli chiedo come fanno a vivere, lui mi risponde di carità girando per i villaggi vicini e chiedendo l'elemosina. La mattina successiva lo ritrovo in un paese vicino con una borsa gialla a tracolla che chiede delle offerte ai negozietti lungo la strada. La cultura buddista mi ha affascinato.

Parto da Lamayuru ed attraverso la bellissima Valle della Luna, una stretta gola che corre lungo un torrente. Attorno a me si ergono pareti di roccia scure con delle venature viola. Il rumore del torrente è assordante.

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Finita la Valle della Luna inizia la salita verso un passo di 3534 metri sotto un sole cocente. Il traffico è notevole e lo smog pure. Mi sembra di pedalare sulla Luna. Il grigio è il colore dominante.

Verso le 14 supero il primo passo dovrei affrontare il secondo posto a 3.600 metri ma fa troppo caldo e sarebbe una fatica immane, decido di fermarmi nel primo paese che incontro che si chiama Nimmo. Qui trovo una guest house carina e pulita dove incontro una comitiva di stranieri che stavano facendo del trecking ed erano partiti da Leh. La mattina successiva parto con destinazione Leh, l'aria è fresca e salire sul passo non è una sofferenza come lo sarebbe stato il giorno prima.

Prima di arrivare a Leh trovo due cartelli che mi ricordono che sto pedalando lungo la strada più alta del mondo e che anche nelle difficoltà ci possono essere delle opportunità! I Buddisti sono sempre positivi.

All'ingresso della città la solita confusione di auto e mezzi militari che sollevano un polvere incredibile. Un enorme cartello da il benvenuto al Dalai Lama. Giro per la città in cerca di un albergo, ne trovo uno carino e a buon prezzo vicino al centro che visito dopo una doccia.

Faccio un giro per Leh in mezzo a una confusione di persone, animali e auto. La città è tutto un cantiere polveroso. Un bazar a cielo aperto dove si può trovare di tutto e di più.

Per le strade incontro turisti da mezzo mondo, ma per le strade la solita povertà ed indigenza che ho visto da quando sono partito da Srinagar. Regalo un pò di rupie a questo bambino che mi regala un sorriso splendido che mi apre il cuore e penso come faccia l'India ad essere una potenza mondiale quando più della metà della sua popolazione vive in queste condizioni. Ho la sensazione che la vita in India non valga più delle 80 rupie (1,10 €) che un bracciante guadagna al giorno!

Il giorno dopo faccio un test di tenuta del mio fisico che mi serve per capire se sarò in grado di scalare i tre passi oltre i 5.000 metri che dovrei affrontare per arrivare a Manali che è la destinazione del mio viaggio. Vicino a Leh c'è il Passo Khardung La che è a quota 5.369 metri e che collega il Ladack con la Cina.

Per salire il Khardung La mi serve un permesso speciale rilasciato dall'esercito che riesco ad ottenere a mezzogiorno. Appena ho il permesso parto da Leh  (3.600 metri) con la bici scarica, devo arrivare a quota 5.369 metri. E' una giornata splendida, la strada è mezza asfaltata e mezza sterrata le pendenze vanno dal 4% al 8%, sono 35 km di salita per arrivare al passo più alto del monto. Pedalo bene fino ai 4.500 metri poi la mancanza di ossigeno si fa sentire ed avanzo lentamente. Respiro con affanno mentre il cuore batte lentamente. Fisicamente non ho problemi ma le mie forze sono calate più del 50%, le gambe non girano ed avanzo lentamente.  Mi sento un pò confuso, a questo punto mi do l'obiettivo di arrivare almeno ai 4.810 che è l'altezza del Monte Bianco. Quando sul mio altimetro vedo apparire 4.810 metri metto il piede a terra.

Sono sfinito, ho raggiunto i miei limiti e oltre non posso andare senza rischiare qualcosa, alzo gli occhi al cielo e guardo la cima, mi mancherebbero meno di 500 metri per arrivare lassù e 7 km di strada da percorrere. Penso come sarebbe andata se fossi stato a pieno carico.  A malincuore ma con razionalità decido di chiudere qui la mia avventura. Proseguire da solo, senza possibilità di comunicare telefonicamente, e con tre passi oltre i 5.000 da fare in luoghi disabitati sarebbe stato un grosso rischio per la mia vita. Dire basta al mio spirito di avventura è stato duro ma la ragione doveva essere ascoltata. Ho girato la bici e sono sceso verso Leh. Il giorno dopo sono andato in aeroporto per acquistare un biglietto per New Delhi.

il giorno prima di prendere l'aereo smonto la bici e decido di regalare il telaio (mi sarebbe costato più portarlo in Italia che acquistarne uno nuovo) al meccanico che mi aveva dato lo scatolone per metterci tutti i componenti. Lascio un pezzo della mia vita nel Piccolo Tibet. Questo telaio mi ha accompagnato per 12 anni nei miei viaggi. Era ammaccato e strisciato come il mio spirito, insieme abbiamo girato mezzo mondo, sofferto il freddo, il caldo, la pioggia e gioito per gli obiettivi raggiunti. Un ciclista ama la sua bici e abbandonarla è difficile. Mi sono venute in mente le parole del monaco:"non dobbiamo legarci alle persone e alle cose perchè tutto passa!". Quel telaio avrebbe avuto una seconda vita ed era giusto cosi. Mi è venuta un pò di malinconia ma il sorriso e la felicità del meccanico cui l'avevo regalato mi ha fatto capire che avevo fatto la cosa giusta.

8 Agosto- alle 6 arrivo in aeroporto dove ho il volo alle 8,45. Per entrare in aeroporto mi hanno perquisito 3 volte e per 3 volte controllato il bagaglio a mano. La sicurezza è impressionante. Decollo in orario e mi lascio alle spalle Leh e l'Himalya. Una grande e difficile avventura che ho terminato a metà. Ma sono comunque contento. Arrivo a New Delhi dopo un'ora e mezza di volo, prendo i bagagli e con un taxi mi reco nell'hotel che avevo prenotato, per entrare in hotel mi perquisiscono e mi controllano i bagagli, la sicurezza da queste parti è una ossessione.. Prendo un  taxi e prima mi faccio riportare in aeroporto per acquistare un volo andata e ritorno per Srinagar per il giorno dopo, voglio andare a riprendere il telefono cui sono legato affettivamente (il numero è quello di Laura) e poi mi faccio portare in centro a New Delhi negli uffici Emirates per anticipare il volo di rientro. Lungo la strada verso Delhi scene di povertà strazianti, bambini scalzi e sporchi che ad ogni semaforo mi battevano sul finestrino del taxi per chiedermi la carità o qualcosa da mangiare. Mi sono vergognato di essere un uomo!

Il giorno dopo volo a Srinagar, la mattina a Delhi pioveva moltissimo e mi rendo conto che non avrei potuto visitare la città. Per cui il giorno dopo, con il bel tempo, vado a visitare New Delhi. Prima la parte nuova e moderna della città e poi quella vera cioè la vecchia. Prendo prima un Tuc e poi salgo su un risciò che mi porta a vedere da vicino tutte le zone caratteristiche della città. Fa molto caldo e l'umidità è altissima, si suda da fermi e vi lascio immaginare quanto sudava la persona che pedalava sul risciò. Delhi è un vespaio di mezzi in moviimento. Era impressionante vedere come tutti i mezzi si sfiorassero senza provocare incidenti. Sporcizia, povertà ed indigenza ovunque, ma la disperazione non l'ho mai vista. Sugli occhi scuri degli indiani "splendeva" la serenità dell'anima. La forza della spiritualità ha la meglio sulla materialità!

Queste scene sono comuni per le strade di New Delhi, la povertà è dilagante e pensare che l'India è una potenze nucleare e un paese "emergente".

Ma come tutti i viaggi dopo un inzio c'è sempre una fine, il giorno seguente ho il volo per Dubai e Venezia. Mi reco in aeroporto che è bello, pulito e moderno e contrasta nettamente con la vera India che ho visto in questi 15 giorni. Di questo viaggio mi ricorderò per sempre la serenità che ho visto negli occhi delle povere persone che ho incontrato e le parole del monaco buddista che ho incontrato:"Antonio non legarti alle persone e alle cose della vita perchè tutto passa e la felicità la puoi trovare solo dentro te stesso".

DEDICATO A MIA FIGLIA LAURA


 

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